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Il futuro di Costa Paradiso…

Domenica 9 ho lavorato a lungo con alcuni intelligenti volenterosi Partecipanti a preparare in documento che fosse utile la mattina successiva in un incontro a Tempio,che coinvolgeva naturalmente anche le determinazioni del Comune, nel delineare il futuro di Costa Paradiso. 
Poi la sera sono partito per la Sardegna recando con me  l'estrapolazione dal documento - coordinato  da Francesco Pittalis - della parte riguardante le prospettive di rapporti con il Comune. Quel giorno e' risultato impossibile valorizzarlo, e tuttavia mi si era detto che il giorno successivo sarebbero giunti contributi scritti. 
Da 8 giorni questa proposta a Costa Paradiso e al Comune,che considero una premessa indispensabile per i futuri rapporti, giace nelle borse delle persone che l'hanno elaborata o approvata
A questo punto, caro Antonio Manca, chiedo la sua collaborazione nel collocarla sul sito di Costa Paradiso. Con l'aspettativa che provochi delle ( positive?) reazioni .
Grazie, Piergianni Addis 

 

 

1. L’insediamento di Costa Paradiso ha conosciuto, sin dalle sue origini, un rapporto anomalo tra Comunità, Comune e realtà sociale locale. Il Comune ha ritenuto di aver fatto fronte integralmente al suo ruolo con la stipula di una convenzione che, con la contropartita di una pressione fiscale tenuta vicino ai minimi di legge, impegnava i partecipanti alla costruzione e alla gestione delle infrastrutture (in particolare strade e sistema idrico integrato). La realtà sociale locale ha vissuto l’insediamento, quasi esclusivamente, come occasione di ampliamento del lavoro per le imprese del settore costruzioni, che hanno anche esercitato un ruolo di controllo degli organi di gestione del “condominio”, a partire dal momento in cui è venuta meno l’originaria cooperativa, e come occasione di lavoro saltuario di servizio nelle unità immobiliari. La gran parte dei partecipanti ha limitato la sua funzione alla fruizione, in particolare nel periodo estivo, dello straordinario ambiente paesaggistico, sfuggendo agli impegni più complessi di definizione strategica e di valorizzazione delle potenzialità dell’insediamento.
2. Si è determinato, così, uno sviluppo disordinato e, progressivamente, meno rispondente all’originario progetto, con un’imponente infrastruttura viaria, non adeguata al crescente carico veicolare derivante dalla dimensione del comprensorio, con un sistema idrico e fognario non rispondente al carico crescente di abitanti equivalenti, costoso nella gestione e del tutto fuori norma rispetto alla nuova legislazione di tutela ambientale. La originaria convenzione, più volte prorogata, non sembra più adeguata a garantire l’ordinaria gestione.
3. L’esigenza di ridefinire i rapporti tra i tre soggetti (Pubblica Amministrazione, partecipanti, forze sociali) è viva da tempo ma si è sinora tradotta in tensioni crescenti e in proposte che non hanno favorito l’ordinata convivenza ma hanno creato una crescente conflittualità sia tra i tre soggetti sia all’interno della stessa categoria dei “partecipanti”. In particolare sono emerse due ipotesi di lavoro: a) quella di trasferire ogni competenza sulla gestione dei servizi alla Pubblica Amministrazione, come previsto dall’originaria convenzione; b) quella di chi, partendo dalla peculiare collocazione dell’insediamento (del tutto distinto rispetto al corpo dell’originario insediamento comunale), dal suo sviluppo, dalla molteplicità di problemi che tale trasferimento determinerebbe per il Comune ma anche per la quotidianità della vita dei residenti, ritiene non praticabile una gestione attraverso la applicazione della normativa condominiale e più produttivo ridefinire la natura giuridica della Comunità e rifondare i rapporti con il Comune e con le forze sociali locali sulla base del contemperamento dei rispettivi interessi.
4. Il trasferimento delle infrastrutture nello stato in cui si trovano e della loro gestione al Comune, ritenuto da alcuni conseguente alla statuizione della originaria convenzione, si rivela difficilmente praticabile sia per la richiesta del Comune che venga accertata, in previsione del trasferimento, la corrispondenza di tali opere alla normativa sia per il rischio che, realizzato il trasferimento, la qualità e la tempestività dei servizi, subordinata alle disponibilità di bilancio dell’Ente Locale e alle priorità della sua programmazione, possa risultare sensibilmente peggiorata. La seconda soluzione dovrebbe essere fondata sulla utilizzazione della disciplina della programmazione negoziata (e in particolare quella relativa ai patti territoriali) regolata dai commi 203 e seguenti dell’articolo 2 della legge 662/1996 e dalla delibera CIPE numero 29 del 21 marzo 1997.
5. Percorrere una simile strada di ridefinizione dei rapporti è forse oggi possibile anche in relazione alle urgenze che interessano l’insediamento e che, se non risolte, rischiano di retroagire sull’economia dell’intero comune e sulla sua struttura sociale.
• Si tratta, in primo luogo, nell’interesse dei “partecipanti”, del completamento e della gestione del sistema dei servizi (strade e servizio idrico integrato), delle esigenze di riqualificazione e manutenzione di un patrimonio edilizio naturalmente invecchiato e non sempre adeguato ai migliori standard (talora divenuti obbligatori per legge), della definizione puntuale dell’assetto giuridico e delle regole di funzionamento interno, della ridefinizione di alcuni servizi, in relazione al progressivo modificarsi della composizione del nucleo residente in termini quantitativi, per classi di età, per articolazione della tipologia di fruitori (con il crescere, al fianco dei proprietari, di una quota, sempre più ampia di affittuari).
• L’evoluzione dell’insediamento ha determinato, peraltro, l’esigenza di un ripensamento anche del ruolo degli imprenditori, superando una riduzione della categoria solo al settore dell’edilizia (e a una limitata presenza della distribuzione commerciale) e valorizzando le potenzialità di altri settori di servizi particolarmente legati al settore turistico. Anche nel campo dell’edilizia andrebbe in ogni caso superata la lunga fase che ha spinto e accompagnato lo sviluppo dell’insediamento solo in termini di espansione delle costruzioni e che, senza una riconversione verso la manutenzione e la riqualificazione, mette a rischio l’equilibrio delle imprese.
• In tale quadro anche il Comune non può più limitarsi alla prosecuzione di una politica limitata al compromesso fondato sullo scambio tra un sostanziale disimpegno e un mantenimento ai limiti inferiori della tassazione locale.
6. Nella strumentazione della programmazione negoziata al patto territoriale è assegnata, dalla legge, la funzione di realizzare “l'accordo, promosso da enti locali, parti sociali, o da altri soggetti pubblici o privati con i contenuti di cui alla lettera c), relativo all'attuazione di un programma di interventi caratterizzato da specifici obiettivi di promozione dello sviluppo locale” (legge 662/1996, art. 2, comma 203, lettera d). La delibera CIPE, dopo aver precisato che tra gli obiettivi del “patto” si colloca anche “la semplificazione amministrativa” prevede che esso preveda “un programma di interventi nei settori dell’industria, agroindustria, servizi, turismo ed in quello dell'apparato infrastrutturale, tra loro integrati … (e che debba) essere caratterizzato da obiettivi di promozione dello sviluppo locale in ambito subregionale compatibili con uno sviluppo ecosostenibile.” La lettera c), del medesimo comma 203, richiamata in precedenza, prevede come possibile strumento attuativo del patto un “accordo di programma quadro”, con il quale si definiscono gli impegni di ciascun soggetto, le risorse disponibili, i tempi di realizzazione, la titolarità di eventuali poteri sostitutivi, in caso di inadempienza, e le relative responsabilità (cfr. anche il punto 2.6 della delibera CIPE, che definisce i contenuti obbligatori del “patto territoriale). Il “patto” può essere sottoscritto oltre che dagli Enti Locali promotori anche dalle rappresentanze imprenditoriali interessate, da altri “soggetti privati” (come la Comunità di Costa Paradiso), nonché da istituzioni finanziarie e dalla Regione che, in tal caso lo “inserisce … tra le azioni e le iniziative attuative dei programmi regionali, compresi quelli di rilevanza comunitaria”. Infine, “ai fini del coordinamento e dell'attuazione del patto, i soggetti sottoscrittori provvedono ad individuare, tra quelli pubblici, il soggetto responsabile ovvero a costituire, a tal fine, società miste nelle forme di cui all'articolo 22, comma 3, lettera e) della legge 8 giugno 1990, n. 142”, che costituisce la plancia di comando degli interventi liberando da ruoli impropri il CdA della Comunità.
7. A ben vedere tutti gli interventi necessari per il rilancio e lo sviluppo della Comunità di Costa Paradiso sono realizzabili attraverso la stipula di un “patto territoriale” che potrebbe essere promosso, inizialmente, come uno specifico strumento tra il Comune di Trinità, la Comunità di Costa Paradiso e le forze imprenditoriali, operanti o interessate ad operare nell’insediamento. In tempi successivi si potrebbe/dovrebbe operare per la possibile espansione di tale strumento agli interventi programmati per l’intero comprensorio turistico di Badesi-Valledoria-Viddalba-Aglientu-Santa Maria Coghinas.

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